Amore

Autore Malaval F.

AMORE E CONOSCENZA – E’ possibile trovare talvolta una conoscenza senza amore, ma non lo è mai trovare un amore senza conoscenza. Il motivo è che l’intelletto non ha bisogno dell’azione della volontà per conoscere il suo oggetto; ma la volonta’ ha sempre bisogno della luce dell’intelletto per amare il suo. (MALAVAL F. Pratica facile per elevare l’anima alla contemplazione, Dial II, 1-3)

 

Autore Gay Charles

GRADI DELL’AMORE – Vi sono tre cieli di cui parla la Scrittura. Tutti e tre sono sicuramente il cielo, tuttavia, il terzo è senza dubbio più alto del primo. E anche in questo cielo di virtù che è il divino amore, vi sono tre gradi, tre stati dell’amore e, per così dire, tre cieli. C’è l’amore puro e semplice che ama Dio al di sopra di tutte le cose e il prossimo per amore di Dio; al di sopra, c’è l’amore che soffre e che ama soffrire; più in alto infine, c’è l’amore che non ama assolutamente più niente se non il beneplacito del diletto e che, santamente indifferente a tutto il resto, si abbandona interamente a Dio per soffrire o per godere, per vivere o per morire, per essere qualche cosa o non essere niente. […].  È da questo terzo cielo che è partito Gesù Cristo. Infatti, che diceva facendo il suo ingresso nel mondo? «Eccomi, io vengo per fare la tua volontà». Come, tuttavia! Non viene egli a predicare, lavorare, soffrire, morire, vincere l’inferno, fondare la Chiesa e salvare il mondo con la sua croce? Ma se egli vuole tutto ciò, è tale l’eterna volontà di suo Padre. Solo questa volontà lo tocca e lo decide. Vedendo tutto il resto, egli guarda tuttavia a lei sola; parla di lei sola, pretende dipendere da lei sola. Principio, fine, ragione, luce, appoggio, dimora, nutrimento, ricompensa, questa volontà divina è tutto per lui. Egli vi si pone, vi si riduce, vi si rinchiude, e facendo più tardi tante cose così elevate, inaudite, sovrumane, egli farà soltanto quella cosa molto semplice che i nostri bambini sono capaci di imitare: egli farà la volontà del Padre celeste, egli si consegnerà senza riserva e vi vivrà interamente abbandonato. (CHARLES GAY , Trattato dell’amor di Dio, IX, 9)

 

Autore Malaval F.

AMORE PRIVO DI SENTIMENTO – Quando Dio si comunica all’anima con questo raggio di fede, con cui la eleva al di sopra del senso, l’amore è tanto poco sensibile quanto la conoscenza; esso segue in ciò la condizione dell’oggetto conosciuto, che essendo molto puro e molto spirituale, lascia lo spirito dell’amore e non il sentimento. Ci sono delle pietre, Filotea, che bruciano senza emettere la fiamma; ci sono delle anime che amano senza sentirsi infiammate. Perciò vi accorgete più facilmente della presenza di Dio che dell’amore di Dio, benché la sua presenza non sia mai senza amore. Se tutto l’amore di Dio fosse sensibile, ne seguirebbe che i santi, i quali sono talvolta inabissati nelle sofferenze e gridano proprio come il Salvatore del mondo: «Mio Dio, perché mi avete abbandonato?», non avrebbero allora amore di Dio. (MALAVAL F., Pratica facile per elevare l’anima alla contemplazione, dial II, 1-3)

 

Autore Malaval F.

Il perfetto amore è fecondo di invenzioni, per poter rubare questi dolci momenti mille volte al giorno, malgrado le più violente occupazioni. Sopprimerà un’infinità di pensieri oziosi, di curiosità inutili, di affetti leggeri e di ricordi importuni, di cui i sensi riempiono continuamente un’anima che non sta in guardia e con cui essa rimane oscurata e ingombrata, fino a non poter più conoscere se stessa, non più di colui che cammina in una campagna, dove il vento solleva una grande polvere che gli impedisce di vedersi. Infine l’amore divenendo sempre più illuminato e desideroso di possedere il suo unico oggetto, scoprirà insensibilmente questa notevole imperfezione della nostra anima e l’origine di tutte le altre, cioè che essa si occupa e s’ingombra più attraverso il suo piacere, le sue sollecitudini e le sue fantasie particolari, di quanto non sia occupata o ingombrata dalle occasioni o dalle faccende del mondo. Non sono le cose che ci turbano, ma noi ci turbiamo per esse; e le nostre mozioni non ci trascineranno mai al di là della ragione se guardassimo ogni cosa razionalmente, cioè con la luce di Dio. In tal modo il contemplativo troverà più tempo di quanto non pensi per dimorare alla presenza di Dio, e non darà al mondo che i resti della sua applicazione e ciò che non potrà trattenere per l’infermità della sua natura. (MALAVAL F.,  Pratica facile per elevare l’anima alla contemplazione, Dial I)

 

Autore Merton Thomas

Un amore «al di sopra della carne e del sangue» non è qualcosa di scialbo e senza passione, bensì un amore in cui la passione è stata elevata e purificata dal disinteresse, tanto da non seguire più unicamente l’ispirazione del solo istinto naturale. Questo amore è guidato dallo Spirito di Cristo e cerca il bene degli altri anziché il proprio passeggero interesse o piacere. (MERTON T., L’esperienza interiore. Note sulla contemplazione, San Paolo Cinisello Balsamo 2005, p. 57).

 

Autore Malaval F.

L’amore che ci spinge verso le creature è un movimento o, per meglio dire, un’inquietudine dell’anima che cerca di godere. Poiché le creature non sono il nostro vero fine, il loro amore non è mai il nostro vero riposo. L’amore di Dio, al contrario, non è tanto un movimento quanto un’unione con l’oggetto e un riposo nel suo possesso, al modo in cui possiamo farlo sulla terra. Di là segue che l’amore per le creature si fa sentire e per un’imitazione della natura anche l’amore di Dio si rende sensibile, allorché lo cerchiamo con slanci e sforzi. (MALAVAL F., Pratica facile per elevare l’anima alla contemplazione, dial II, 1-3)

 

Autore Bernardo di Chiaravalle s.

[Voglio l’amore e non il sacrificio,
la conoscenza di Dio più degli olocausti. Osea 6,6].
Ho letto che “Dio è amore” (1Gv 4,16), e non ho letto che è onore o dignità. Non che Dio non vuole essere onorato, dato che dice: “Se io sono padre, dove è l’onore che mi spetta?” (Ml 1,6). Lì parla in quanto padre. Ma se si mostra sposo, penso che muterebbe frase e direbbe: “Se sono lo sposo, dov’è l’amore che mi spetta?”. Poiché già ha parlato così: “Se sono vostro Signore, dov’è il timore di me?”. Dio esige dunque di essere rispettato come Signore, onorato come Padre, amato come Sposo.

Fra questi sentimenti, qual è il più grande? L’amore, senza dubbio. Poiché senza amore, il rispetto è penoso e l’onore non ha ritorno. Il timore è da schiavi, finché non viene affrancato dall’amore, e l’onore che non viene dall’amore non è onore, ma adulazione. A Dio solo, certo, onore e gloria, ma Dio non li accetta se non conditi con il miele dell’amore.

L’amore è sufficiente per se stesso, piace per se stesso e in ragione di sé. E’ a se stesso merito e premio. L’amore non cerca ragioni, non cerca vantaggi all’infuori di sé. Il suo vantaggio sta nell’esistere. Amo perché amo, amo per amare. Grande cosa è l’amore se si rifà al suo principio, se ricondotto alla sua origine, se riportato alla sua sorgente. Di là sempre prende alimento per continuare a scorrere. L’amore è il solo tra tutti i moti dell’anima, tra i sentimenti e gli affetti, con cui la creatura possa corrispondere al Creatore, anche se non alla pari; l’unico con il quale possa contraccambiare il prossimo e, in questo caso, certo alla pari. Quando Dio ama, altro non desidera che essere amato. Non per altro ama, se non per essere amato, sapendo che coloro che l’ameranno si beeranno di questo stesso amore. L’amore dello Sposo, anzi lo Sposo-amore cerca soltanto il ricambio dell’amore e la fedeltà. Sia perciò lecito all’amata di riamare. Perché la sposa, e la sposa dell’Amore non dovrebbe amare? Perché non dovrebbe essere amato l’Amore? Giustamente, rinunziando a tutti gli altri suoi affetti, attende tutta e solo all’Amore, ella che nel ricambiare l’amore mira a uguagliarlo. Si obietterà, però, che, anche se la sposa si sarà tutta trasformata nell’Amore, non potrà mai raggiungere il livello della fonte perenne dell’amore.

È certo che non potranno mai essere equiparati l’amante e l’Amore, l’anima e il Verbo, la sposa e lo Sposo, il Creatore e la creatura. La sorgente, infatti, dà sempre molto più di quanto basti all’assetato. Ma che importa tutto questo? Cesserà forse e svanirà del tutto il desiderio della sposa che attende il momento delle nozze, cesserà la brama di chi sospira, l’ardore di chi ama, la fiducia di chi pregusta, perché non è capace di correre alla pari con un gigante, gareggiare in dolcezza col miele, in mitezza con l’agnello, in candore con il giglio, in splendore con il sole, in carità con colui che è l’Amore? No certo. Sebbene infatti la creatura ami meno, perché è inferiore, se tuttavia ama con tutta se stessa, non le resta nulla da aggiungere. Nulla manca dove c’è tutto. Perciò per lei amare così è aver celebrato le nozze, poiché non può amare così ed essere poco amata. Il matrimonio completo e perfetto sta nel consenso dei due, a meno che uno dubiti che l’anima sia amata dal Verbo, e prima e di più.(BERNARDO DI CHIARAVALLE, Sermoni sul Cantico dei cantici, (Ed) Del Turco, Roma 1986, P. 393).

 

Autore Bernardo di Chiaravalle s.

GRADI DELL’AMORE- Bisogna che il nostro amore cominci dalla carne. Se poi è diretto secondo un giusto ordine, […] sotto l’ispirazione della Grazia, sarà infine perfezionato dallo spirito. Infatti non viene prima lo spirituale, ma ciò che è animale precede ciò che è spirituale. […] Perciò prima l’uomo ama se stesso per sé […]. Vedendo poi che da solo non può sussistere, comincia a cercare Dio per mezzo della fede, come un essere necessario e Lo ama.

Nel secondo grado, quindi, ama Dio, ma per sé, non per Lui. Cominciando però a frequentare Dio e ad onorarlo in rapporto alle proprie necessità, viene a conoscerlo a poco a poco con la lettura, con la riflessione, con la preghiera, con l’obbedienza; così gli si avvicina quasi insensibilmente attraverso una certa familiarità e gusta pura quanto sia soave.

Dopo aver assaporato questa soavità l’anima passa al terzo grado, amando Dio non per sé, ma per Lui. In questo grado ci si ferma a lungo, anzi, non so se in questa vita sia possibile raggiungere il quarto grado.

Quello cioè in cui l’uomo ama se stesso solo per Dio. […] Allora, sarà mirabilmente quasi dimentico di sé, quasi abbandonerà se stesso per tendere tutto a Dio, tanto da essere uno spirito solo con Lui. Io credo che provasse questo il profeta, quando diceva: “-Entrerò nella potenza del Signore e mi ricorderò solo della Tua giustizia-“.(BERNARDO DI CHIARAVALLE, De diligendo Deo, cap. XV).

 

Autore Lubich C.

Vedi Gesù Cristo, Amore di Gesù abbandonato

Autore Teresa di Lisieux s.

 

Ecco, dunque, tutto ciò che Gesù esige da noi: non ha bisogno delle nostre opere, ma solamente del nostro amore, perché questo stesso Dio, che dichiara di non aver bisogno di dirci se ha fame, non ha timore di mendicare un po’ d’acqua dalla Samaritana. Aveva sete[…] ma dicendo: «Dammi da bere» (Gv 4, 7), il Creatore dell’universo reclamava l’amore della sua povera creatura. Aveva sete d’amore[…]. Ah! lo sento più che mai: Gesù è assetato, ma incontra soltanto ingrati e indifferenti tra i discepoli del mondo; quanto ai suoi stessi discepoli trova, ahimè!, pochi cuori che si abbandonino a lui senza riserve, che comprendano tutta la tenerezza del suo Amore infinito. (TERESA DI LISIEUX s., Storia di un’anima, Ancora, Milano 1993, pp. 251-252).

 

Autore Guglielmo di Saint-Thierry

Vedi Caritá, Ragione, Volontà.

Autore Guglielmo di Saint-Thierry

 

AMORE E CONOSCENZA – Una volontà buona è già l’inizio dell’amore. Una volontà veemente, poi, se è come rivolta ad un assente è desiderio, se colpita da uno che è presente è amore – quando per lei che ama è disponibile nell’intelletto ciò che ama – giacché l’amore di Dio è esso stesso sua conoscenza. (G. DI SAINT-THIERRY, Commento al Cantico dei Cantici, C. FALCHINI (Ed), Magnano 1991, n. 71, p. 93).

 

Autore Guglielmo di Saint-Thierry

 

DESIDERIO E FRUIZIONE – C’è l’amore di desiderio e c’è l’amore di fruizione. L’amore di desiderio merita qualche volta la visione, la visione la fruizione, la fruizione la perfezione dell’amore. (GUILLELMI ABBATIS SANCTI THEODORICI De contemplando Deo, PL n. 184, 7, 370. La traduzione è nostra).

 

Autore Guglielmo di Saint-Thierry

 

Altro è l’amore di chi languisce, altro quello di chi fruisce. Giacché l’amore di desiderio arde anche nelle tenebre, ma non riluce; l’amore, invece, di chi fruisce è tutto nella luce, poiché la fruizione stessa è luce per chi ama». (GUGLIELMO DI SAINT-THIERRY, Commento al Cantico dei Cantici, C. FALCHINI (Ed), Magnano 1991, p. 79).

 

Autore Guglielmo di Saint-Thierry

 

Ma poiché all’intelletto mancava la sua propria luce, l’amore nel fruire non poteva in alcun modo trovare il suo gioire. Chi infatti non sente – come va sentito – presente il Dio che egli prega, prega con ansietà; chi, invece lo coglie e lo tiene presente, di lui presente fruisce, e adora con felicità». (G. DI SAINT-THIERRY, Commento al Cantico dei Cantici, C. FALCHINI (Ed), Magnano 1991, p. 92).

 

Autore Guglielmo di Saint-Thierry

CONOSCENZA PER ESPERIENZA – Accingendoci a rivisitare l’epitalamio, il cantico nuziale, il cantico dello Sposo e della Sposa, ad osservare da vicino la tua opera, o Spirito santo, ti invochiamo perché veniamo riempiti del tuo amore, o Amore per comprendere il cantico dell’amore, perché anche noi in certa misura siam resi partecipi del colloquio santo dello Sposo e della Sposa, perché in noi avvenga ciò che da noi vien letto. Quando infatti si tratta di affetti non è facile, se non per chi in maniera simile da tali affetti è preso, afferrar ciò che si dice. Fa dunque che noi aderiamo a te, santo Spirito, santo Paraclito, santo Consolatore; consola la povertà della nostra solitudine, che ogni sollievo al di fuori di te bandisce; illumina e vivifica il desiderio di chi languisce, perché diventi amore di chi fruisce. (GUGLIELMO DI SAINT-THIERRY, Commento al Cantico dei Cantici, C. FALCHINI (Ed), Quiqajon 1991, pag 46).

 

 

 

Autore Francesco di Sales s.

AMOR PROPRIO – Voi avete due popoli nel ventre del vostro intelletto, come fu detto di Rebecca: uno combatte contro l’altro, ma alla fine, l’inferiore supererà il maggiore. L’amor proprio muore solo quando moriamo noi, e conosce tanti modi per rintanarsi nella nostra anima, che non si riesce mai a farlo sloggiare. Esso è il primogenito della nostra anima, perché è naturale e ha con sé una legione di cavalieri, che sono i movimenti, gli atti e le passioni. In più, è astuto e sa adattarsi a tutte le circostanze. (FRANCESCO DI SALES, Lettere di amicizia spirituale, San Paolo 2003, p.55).

 

Autore Francesco di Sales s.

“… MI AMI TU?” – Ah , quanto fu fortunato il nostro caro san Pietro al quale nostro Signore, con una estrema delicatezza d’amore, chiedeva spesso: mi ami? E glielo chiedeva, non perché avesse dubbi, ma per il grande piacere di sentirsi dire, ridire e protestare che lo amiamo. Mia cara Madre, non amiamo forse il nostro dolce Salvatore? Egli sa bene che, se non lo amiamo, almeno desideriamo di amarlo. E se lo amiamo, pasciamo le sue pecore e i suoi agnelli: questa è la prova dell’amore. (FRANCESCO DI SALES, Lettere di amicizia spirituale, San Paolo 2003, p. 123).

 

Autore Basilio di Cesarea S.

AMORE PER I FRATELLI – Abbiamo ricevuto il precetto di amare il prossimo come noi stessi. Ma Dio non ci ha forse dato anche una propensione naturale a farlo ? […] Nulla è più conforme alla nostra natura che vivere insieme, cercarci l’un l’altro e amare il proprio simile. Il Signore domanda dunque i frutti di quello di cui ha deposto il germoglio in noi, dicendo: «Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri» (Gv 13, 34).

Nello scopo di eccitare la nostra anima ad obbedire a questo precetto, non ha voluto che si trovasse la marca dei suoi discepoli in prodigi o in opere straordinarie, sebbene essi ne avessero ricevuto il dono nello Spirito Santo. Invece, dice: «Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri» (Gv 13, 35). E mette fra i due comandamenti un nesso così stretto, da guardare come fatta a lui ogni opera buona fatta al prossimo: «Perché io ho avuto sete, dice, e mi avete dato da bere». E aggiunge: «Ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me» (Mt 25, 35-40).

L’osservanza del primo comandamento contiene dunque anche l’osservanza del secondo, e mediante il secondo, si torna al primo. Chi ama Dio amerà pertanto il prossimo. «Se uno mi ama, dice il Signore, osserverà la mia parola». «Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho amati» (Gv 14, 23; 15, 12). Lo ripeto: chi ama il prossimo compie il suo dovere di amore verso Dio, perché Dio ritiene questo dono fatto a lui. (BASILIO DI CESAREA s., Regole più ampie, § 3).

 

Autore Francesco di Sales s.

L’AMORE, MOTORE DELL’ANIMA – L’amore sta al primo posto tra le passioni dell’anima: è il re di tutti i moti del cuore, egli converte tutto il resto a sé e ci rende tali e quali a coloro che egli ama. Fate attenzione, dunque, Filotea, di non avere cattivi moti del cuore, perché subito sareste tutta cattiva. (FRANCESCO DI SALES S., Introduzione alla Vita devota, III cap. 17).

 

Autore Francesco di Sales s.

AMORE, MOTORE DELL’ANIMA – L’amore è la vita del nostro cuore e come il contrappeso muove tutti i pezzi mobili di un orologio, così l’amore dà all’anima tutti i movimenti che lei ha. Tutti i nostri affetti seguono il nostro amore e secondo questo noi desideriamo, ci dilettiamo, speriamo, ci disperiamo, temiamo, ci incoraggiamo, odiamo, fuggiamo, ci rattristiamo, andiamo in collera, trionfiamo. […] Quando dunque il divino amore regna nei nostri cuori egli sottomette realmente tutti gli altri amori della volontà e quindi tutti gli affetti di questa che naturalmente seguono gli amori; poi doma l’amore sensuale e riducendolo alla sua obbedienza trae appresso a questo tutte le passioni sensuali. Insomma questa sacra dilezione è l’acqua salutare della quale Nostro Signore diceva: Chi berrà l’acqua che gli darò non avrà mai sete. No, veramente, Teotimo, chi avrà l’amor di Dio un po’ abbondantemente non avrà più né desiderio, né timore, né speranza, né coraggio, né gioia se non per Dio, e tutti i suoi movimenti saranno racchiusi in questo solo amore celeste.(FRANCESCO DI SALES S., Trattato dell’amor di Dio, XI, 20)

 

Autore Francesco di Sales s.

AMORE E COMPIACENZA – La compiacenza è il primo scossone o la prima emozione che il bene fa nella volontà; questa emozione è seguita dal movimento e dall’incedere della volontà verso la cosa amata, che è il vero e proprio amore. Diciamo così: il bene avvince, afferra e lega il cuore con la compiacenza, ma mediante l’amore lo trae, lo guida e conduce a sé; tramite la compiacenza lo fa uscire, tramite l’amore gli fa fare il cammino e il viaggio; la compiacenza è il risveglio del cuore, ma l’amore ne è l’azione; la compiacenza lo fa levare, ma l’amore lo fa camminare; il cuore stende le sue ali tramite la compiacenza, ma l’amore è il suo volo. L’amore, dunque, per maggior precisione, non è altro che il movimento, lo scorrere e l’avanzare verso il bene. (FRANCESCO DI SALES S., Trattato dell’amor di Dio, I, 7).

 

Autore Aelredo Di Rielvaulx

AMORE E ATTRAZIONE – Il vantaggio che occorre cercare nei sentimenti di attrazione (affectus) consiste nel fatto che siamo stimolati da questi sentimenti (affectus) come da pungoli d’amore verso il desiderio di ciò che occorre amare, che noi manteniamo quest’amore più dolcemente (suavius) e dunque più diligentemente, grazie alla soavità che questi sentimenti spandono in noi, che pratichiamo gli atti con i quali tendiamo verso ciò che desideriamo con tanto più slancio quanto maggiore è il piacere (quanto affectuosius, tanto delectabilius), con tanto più piacere quanto maggiore è l’ardore (quanto delectabilius, tanto ferventius). Quanto al desiderio, anche se deve eccitare un sentimento di attrazione, raramente deve obbedire a questo, così come detto prima.

Allo stesso modo è molto vantaggioso essere stimolati alla pratica di opere buone e fermarvisi grazie a un sentimento di attrazione (affectus), ma non è conveniente regolare queste opere secondo il sentimento. (AELRED DE RIELVAULX S., Specchio della Carità, III, XXX).

 

Autore Verdeyen P.

AMORE DIVINO – «L’amore divino condiziona e segna la natura di tutto l’amore umano». Questa concezione patristica e medievale dell’amore è stata ritrovata da H. Bergson. Il grande filosofo non afferma soltanto il primato essenziale dell’amore spirituale sull’amore profano, ma contemporaneamente la priorità temporale dell’estasi religiosa che ha certamente anticipato le espressioni erotiche della passione umana. «Quando si rimprovera al misticismo di esprimersi alla maniera della passione amorosa, si dimentica che l’amore ha cominciato a plagiare la mistica, che da lui aveva preso in prestito il suo fervore, i suoi slanci, le sue estasi: utilizzando il linguaggio di una passione che aveva trasfigurato, la mistica non ha fatto che riprendere il suo bene». (H. BERGSON, Les deux surces de la morale et de la religion, Paris, 1962, p. 39 in: P. VERDEYEN, La thèologie mistique de Guillaume De Saint Thierry, (Ed) Fac, p. 203).

 

Autore Aelredo Di Rielvaulx

AMORE VERSO I NEMICI – Non c’è niente che ci spinga ad amare i nemici, cosa in cui consiste la perfezione dell’amore fraterno, quanto la dolce considerazione di quell’ammirabile pazienza per cui egli, «il più bello tra i figli dell’uomo» (Sal 44, 3) offrì il suo bel viso agli sputi dei malvagi. Lasciò velare dai malfattori quegli occhi, al cui cenno ogni cosa ubbidisce. Espose i suoi fianchi ai flagelli, sottopose il capo, che fa tremare i Principati e le Potestà, alle punte acuminate delle spine, abbandonò se stesso all’obbrobrio e agli insulti. Infine sopportò pazientemente la croce, i chiodi, la lancia il fiele e l’aceto, lui in tutto dolce, mite e clemente. Alla fine fu condotto via come una pecora al macello, e come un agnello se ne stette silenzioso davanti al tosatore e non aprì bocca (cfr. Is 53, 7).

Chi al sentire quella voce meravigliosa piena di dolcezza, piena di carità, piena di inalterabile pacatezza: «Padre, perdonali» non abbraccerebbe subito i suoi nemici con tutto l’affetto? «Padre – dice – perdonali» (Lc 23, 34). Che cosa si poteva aggiungere di dolcezza, di carità ad una siffatta preghiera?

Tuttavia egli aggiunse qualcosa. Gli sembrò poco pregare, volle anche scusare. «Padre – disse – perdonali, perché non sanno quello che fanno». E invero sono grandi peccatori, ma poveri conoscitori. Perciò: «Padre, perdonali». Lo crocifiggono, ma non sanno chi crocifiggono […]. Lo ritengono un trasgressore della legge, un presuntuoso che si fa Dio, lo stimano un seduttore del popolo. «Ma io ho nascosto da loro il mio volto, non riconobbero la mia maestà ». Perciò: «Padre, perdonali, perché non sanno quello che fanno».

Se l’uomo vuole amare se stesso di amore autentico non si lasci corrompere da nessun piacere della carne, rivolga ogni suo affetto alla dolcezza del pane eucaristico. Inoltre per riposare più perfettamente e soavemente nella gioia della carità fraterna, abbracci di vero amore anche i nemici. Perché questo fuoco divino non intiepidisca di fronte alle ingiustizie, guardi sempre con gli occhi della mente la pazienza e la pacatezza del suo amato Signore e Salvatore. (AELREDO DI RIEVAULX s., Specchio della carità, 3, 5; PL 195, 582).

 

Autore Francesco di Sales s.

Vedi Volontà

 

Autore De Caussade J. P.

DIVINO AMORE – O divino amore, nasconditi, corri, balza tra le sofferenze, costringi con l’attrattiva del dovere, componi, mescola, confondi, rompi come fili tutte le idee e tutti i progetti dell’anima: che essa perda l’orientamento, non conosca e non scorga più né strade, né vie, né sentieri, né luci; che dopo averti trovato nelle tue dimore e nelle tue vesti abituali, nel riposo della solitudine, nella preghiera, nell’assoggettarsi a questa e a quella pratica, nelle sofferenze, nel conforto dato al prossimo, nella fuga dalle conversazioni, dagli affari; che dopo aver tentato tutti i modi e tutti i mezzi conosciuti per piacerti, essa finalmente si areni, non vedendoti più in nessuna di queste cose, come ti vedeva un tempo! Che l’inutilità di tutti questi sforzi la conduca infine a lasciar tutto, ormai, per trovarti in te stesso, e dovunque, in tutto senza distinzione né riflessione. Perché, o divino amore, quale inganno non vederti in tutto quel che vi è di buono e in tutte le creature! Perché cercarti dove non vuoi farti trovare? Perché cercarti, amore divino, sotto aspetti diversi da quelli che hai scelto per i tuoi sacramenti? La loro scarsa apparenza di realtà non serve forse al merito dell’obbedienza e della fede? (DE CAUSSADE J. P., l’abbandono alla divina Provvidenza, S. Paolo 1986, p. 42).

 

Autore Moliniè M. D.

LEGGE DELL’AMORE – La legge dell’amore rimane nel nostro cuore come una nostalgia che ci perseguita, ma siamo incapaci di trasformarla in realtà. La prova? Consultate il giudice interiore che è in voi. Sentiamo bene che non amiamo Dio e il prossimo: questa nostalgia è rinchiusa nel nostro cuore come una prigione. Accettiamo di riconoscerlo e di ricevere la Salvezza che Dio ci offre: non la salvezza illusoria di una generosità naturale condannata in anticipo alla disperazione perché questo cammino, come il paradiso, ci è precluso.

Quelli che vogliono essere generosi senza sperimentare l’umiliazione di essere dei mendicanti della grazia saranno condannati in nome di questa stessa generosità, perché non la praticano: credono di praticarla, o spendono un’energia folle per convincersi di ciò, ma non è vero: non possono. Non basta amare Dio e gli uomini, anche perché è impossibile. Cristo è venuto a rendere possibile questo amore offrendoci la grazia della sua amicizia: è l’abisso al quale Egli chiede di rispondere. (MOLINIÉ M. D., Il coraggio di avere paura, Ed. Parva 2006, pp. 34-35, 37).

 

Autore Merton Thomas

AMORE DI DIO – Devo imparare a «lasciare me stesso», per ritrovarmi, abbandonandomi all’amore di Dio. Se cercassi Dio, ogni evento ed ogni momento seminerebbero, nella mia volontà, grani della Sua vita, grani che un giorno fiorirebbero in una messe meravigliosa.

È l’amore di Dio che mi scalda nel sole, è l’amore di Dio che manda la pioggia gelida. È l’amore di Dio che mi nutre del pane che mangio, ed è Dio che mi nutre anche con la fame e il digiuno. È l’amore di Dio che manda i giorni d’inverno quando ho freddo e sono ammalato, e l’estate torrida quando sono affaticato e ho gli abiti inzuppati di sudore: ma è Dio che respira su di me con il vento appena percettibile del fiume, con la brezza del bosco. Il Suo amore allunga l’ombra del sicomoro sopra la mia testa e manda lungo i campi di grano l’acquaiolo con un secchio riempito alla sorgente, mentre i lavoratori riposano e i muli stanno sotto l’albero.

È l’amore di Dio che mi parla negli uccelli e nelle acque dei ruscelli, ma anche oltre il clamore della città Dio mi parla nei Suoi giudizi, e questi sono tutti semi mandati a me dalla Sua volontà.

Se essi metteranno radice nella mia libertà, se dalla mia libertà sboccerà il Suo volere, diventerò l’amore che Egli è, e la mia messe sarà la Sua gloria e la mia gioia. (MERTON T., Semi di contemplazione, B. TASSO – E. LANTE ROSPIGLIOSI (Edd), Ed. Garzanti, 1991, pp. 22-23).

 

Autore Agostino d’Ippona s.

COMANDAMENTO NUOVO – «Vi do un comandamento nuovo: Che vi amiate a vicenda» […]. Chi ascolta questo comandamento, o piuttosto gli obbedisce, è rinnovato non da un amore qualsiasi, ma da quell’amore che il Signore ha precisato, per distinguerlo da quello puramente umano, aggiungendo: «come io ho amato voi» […]. «Le sue membra sono sollecite l’uno dell’altro; se soffre un membro, soffrono insieme le altre membra, se è onorato un membro, si rallegrano le altre membra» (1 Cor 12, 25-26). Esse infatti ascoltano e mettono in pratica l’insegnamento del Signore: «Vi do un comandamento nuovo: Che vi amiate a vicenda»; e non come si amano i corruttori, né come si amano gli uomini in quanto uomini, ma «in quanto dèi» (Gv 10,35) e figli tutti dell’Altissimo (Lc 6,35) per essere fratelli dell’unico Figlio suo, amandosi a vicenda di quell’amore con cui li ha amati egli stesso, che li vuol condurre a quel fine che li appagherà e dove ci sono i beni che potranno saziare tutti i loro desideri. Allora, ogni desiderio sarà soddisfatto, quando Dio sarà «tutto in tutti» (1Cor 15, 28) […]. Chi ama il prossimo di un amore sincero e santo, chi ama in lui se non Dio? Questo amore, che si distingue da ogni espressione di amore mondano, il Signore lo caratterizza aggiungendo: «come io ho amato voi». Che cosa, infatti, se non Dio, egli ha amato in noi? Non perché già lo possedessimo, ma perché lo potessimo possedere; per condurci, come dicevo prima, là dove «Dio sarà tutto in tutti». E’ in questo senso che giustamente si dice che il medico ama gli ammalati: ama in essi la salute che vuol ridonare, non la malattia che vuole scacciare. «Come io ho amato voi, così voi amatevi a vicenda». Per questo dunque ci ha amati, perché anche noi ci amiamo a vicenda. (AGOSTINO D’IPPONA, Commento al Vangelo di Giovanni, O. Campagna – A. Vita – E. Gandolfo (Edd), Città Nuova 2005, pp. 887-890).

 

Autore Agostino d’Ippona s.

 

COMANDAMENTO NUOVO – Il Signore Gesù afferma di voler dare ai suoi discepoli un comandamento nuovo, quello di amarsi a vicenda […]. Ma questo comandamento non era già contenuto nell’antica legge di Dio, che dice: «Amerai il prossimo tuo come te stesso» (Lv 19, 18)? Perché allora il Signore chiama nuovo un comandamento che risulta così antico? O lo chiama nuovo perché, spogliandoci dell’uomo vecchio, esso ci riveste del nuovo (Ef 4,24)? Non un amore qualsiasi, infatti, rinnova l’uomo, ma l’amore che il Signore distingue da quello puramente umano aggiungendo: «Come io ho amato voi». […]. Cristo dunque ci ha dato un comandamento nuovo: di amarci gli uni gli altri, come egli ci ha amati. E’ questo amore che ci rinnova, rendendoci uomini nuovi, eredi del Testamento Nuovo, cantori del «cantico nuovo» (Sal 96,1).

Questo amore, fratelli carissimi, ha rinnovato anche i giusti dei tempi antichi, i patriarchi e i profeti, come poi i beati Apostoli. E’ questo amore che anche adesso rinnova le genti e raccoglie tutto il genere umano, sparso ovunque sulla terra, per farne un sol popolo nuovo, il corpo della novella sposa dell’unigenito Figlio di Dio. (AGOSTINO D’IPPONA, Commento al Vangelo di Giovanni, 65 ; CCL 36, 490 (Nuova Biblioteca Agostiniana).

 

Autore Boutault Michel

AMORE DI DIO – Dio ti ama, amalo: le sue delizie sono di stare con te, le tue siano di stare con lui e di passare, se possibile, il tempo in cui passerai la tua eternità beata alla sua amabile compagnia. Abituati a conversare con lui con familiarità e fiducia come con un tuo amico; rifletti che è un errore e una debolezza della nostra natura cieca quello di non essere liberi alla sua presenza e di apparire dinanzi a lui come degli schiavi, timidi e vergognosi dinanzi ad un Principe, tremando di paura e pensando solo di fuggire per andare altrove a cercare la nostra consolazione e la nostra libertà. Non ti viene chiesto di formare in te una immagine della sua Persona adorabile con un’orazione estatica oppure con una applicazione violenta dei tuoi pensieri, non ti viene chiesto di dimenticare i tuoi doveri domestici prosternandoti in spirito dinanzi a questa figura immaginaria, trascorrendo i tuoi giorni a contemplare e a lodare le sue grandezze. Si tratta soltanto di un colloquio familiare: non ti viene chiesto null’altro se non di fare nei confronti di Dio ciò che fai ogni giorno e in ogni occasione nei confronti di coloro che ti amano e che tu ami, senza pertanto lasciare il tuo lavoro. Egli è vicino a te, come loro; digli le stesse cose che dici loro, intrattienilo dei tuoi affari, dei tuoi progetti, delle tue speranze, dei tuoi timori, di tutto ciò che ti riguarda; e fallo così come ti ho appena detto, con confidenzialità e con un cuore aperto perché la riserva e il silenzio dell’anima gli dispiacciono enormemente nei Santi. L’anima che non ha niente da dirgli è come quella piccola sorella di Sunnamita che non ha ancora l’età per entrare nel novero delle spose e essere amata teneramente.
Una delle prime lezioni della vita spirituale è che Dio, il più potente e il più temibile dei maestri quando comanda, vuol essere il più intimo degli amici quando ama; e durante le sue conversazioni solitarie con le persone che ha scelto, la più piccola delle creature non è affatto troppo piccola né troppo spregevole se non quando lei non sa ancora come intrattenerlo cuore a cuore, svelandogli amorevolmente i suoi pensieri più intimi. È vero che deve essere sempre sovranamente rispettato: ma quando ti fa la grazia di voler stare da te e con un movimento interiore ti fa ricordare e sentire che è presente, il più grande onore che si aspetta da te, è che tu gli parli come a colui che ti ama e che gli esprima i tuoi sentimenti, con tutta la libertà della tenerezza e della fiducia. È per ricevere questo onore, dice il Profeta, che senza aspettare che vai a lui, non appena sospiri per chiamarlo, ti previene e si presenta a te, tenendo nella sua mano le grazie e i rimedi adatti a tutte le pene di cui suoli lamentarti. Aspetta solo il momento in cui gli parli per mostrarti che non cessa di essere presso di te e pronto ad ascoltarti e a consolarti. […].
Digli ciò che sai della tua persona e della tua famiglia e ciò che non mancheresti di dire ad un altro amico che si troverebbe da te e presso di te. Per quanto sia Dio, è per lui di grande importanza saperlo, perché ti ama, e non vi è nulla tra le cose che ti riguardano che non sia affare e interesse del suo amore.
Non prenderlo per un Re che vorrebbe solo vedere nell’anima dei pensieri da Re né essere intrattenuto di cose grandi, o che temerebbe di abbassarsi applicando la sua mente ad ascoltare ciò che accade in una famigliola o nella coscienza di una piccola creatura. […] Da te e nei luoghi in cui sei sola con lui, per così dire, è Dio per te sola: è lì l’onnipotente solo per aiutarti; il tutto amabile per essere amato da te o per attirare la tua fiducia e presentarti l’occasione per dirgli ciò che ti affligge e in quale stato sono gli affari della tua famiglia o del tuo incarico o ancora del tuo interiore.  […].
Non temere neppure di manifestargli il malcontento che potresti nutrire nei suoi confronti e se ti viene a volte in mente di mormorare e di lamentarti della sua condotta, mormora e fa come fai nei confronti degli altri amici e come hanno fatto i Santi in tali occasioni. Lamentati al suo amore del fatto che egli sembra abbandonarti e disprezzare le tue grida e le tue lacrime. Ut quid Domine recessisti longe, despicis in opportunitatibus? Cosa è questo, mio Dio, mi ignori quando piango e ti allontani da me quando ho maggior bisogno della tua consolazione e della tua mano per sostenermi? Se l’ispirazione ti spinge in tal senso, forma dei movimenti d’indignazione e di una santa collera contro di lui come hanno fatto gli stessi Santi: accusalo con rimproveri più graditi alla sua bontà di quanto non lo siano le adorazioni e le sottomissioni delle anime timide. (MICHEL BOUTAULT, Metodo per conversare con Dio).
Autore Caterina da Genova

AMORE INCREATO – Ho sempre visto e vedo sempre più che ogni bene si trova in un sol luogo, cioè in Dio. E tutti gli altri beni che si trovano al di sotto di lui sono dei beni per partecipazione. Ma l’amore puro e netto non può volere da Dio nessuna cosa, per buona che possa essere, che abbia nome “partecipazione“. Il fatto è che esso vuole questo Dio tutto intero, tutto puro, senza mescolanza, immenso, così come Egli è. Se gli mancasse anche una sola piccolissima particella, non potrebbe accontentarsi, ma si crederebbe piuttosto all’inferno. Ecco perché io dico che non voglio un amore creato, cioè un amore che si possa gustare, comprendere, di cui ci si possa rallegrare; non voglio, dico, un amore che passi per la via dell’intelligenza, della memoria o della volontà. Il puro amore, in effetti, è al di sopra di tutto ciò. Esso supera tutto ed esclama: io non avrò tregua finché non sarò stretto e rinchiuso in questo petto divino in cui si perdono tutte le forme create e in cui, perdendosi, esse stesse divengono divine. In nessun altro modo può accontentarsi l’amore puro, vero e netto. Il mio io è in Dio, non ne conosco altro, al di fuori del mio stesso Dio. Lo stesso [dicasi] quando parlo dell’essere. Ogni cosa che ha esistenza ne ha per comunicazione della sovrana essenza di Dio. Ma l’amore puro e netto non può fermarsi a vedere questa comunicazione come uscita da Dio e che rimanga in sé come creatura, alla maniera delle altre creature che partecipano più o meno a Dio. Il vero amore non può sopportare di somigliare così alle altre creature; ma con un grande slancio d’amore esso dice: il mio essere è in Dio, non per semplice partecipazione, ma per vera trasformazione e annientamento del proprio essere. (CATERINA DA GENOVA S., Vita mirabile-Dialogo. Trattato sul Purgatorio XIV).

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Aprile, 2024