Autore Merton Thomas
CONOSCENZA MISTICA – Secondo la tradizione mistica cristiana, non è possibile trovare il proprio centro interiore e conoscere Dio in esso fin quando si è coinvolti nelle preoccupazioni e nei desideri dell’io esteriore. La penetrazione nelle profondità del nostro essere è, quindi, una questione di liberazione dal flusso ordinario di impressioni sensibili coscienti o semicoscienti, ma anche e più definitivamente dalle pulsioni inconsce e dal clamore della passione disordinata. La possibilità di entrare nel santuario interiore del nostro essere è negata a coloro che sono trattenuti dalla dipendenza nei confronti dell’autogratificazione e della soddisfazione dei sensi, sia che si tratti di ricerca del piacere, amore delle comodità, o di propensione alla collera, all’affermazione di sé, all’orgoglio, alla vanità, alla cupidigia e a tutto il resto. (MERTON T., L’esperienza interiore. Note sulla contemplazione, San Paolo, Cinisello Balsamo 2005, p. 44)
Autore Ruusbroec G.
CONOSCENZA APOFATICA NELLA VITA ATTIVA – L’anima, desiderosa di vedere Gesù Cristo, si porterà nella parte più alta dell’albero ed è di qua che passerà Cristo con tutti i suoi doni. Quando poi Cristo arriva, vede l’uomo, gli parla nella luce della fede e gli fa capire che egli, quanto a divinità, è decisamente immenso, incomprensibile e inarrivabile, molto al di là di ogni umana intelligenza, una specie di abisso senza fondo. Questa è la più alta conoscenza di Dio che si possa avere nella vita attiva: intravedere attraverso la luce della fede che Dio non può essere compreso; ma in quella stessa luce Cristo dice a chi brama vederlo: Presto, scendi; oggi starò a casa tua. La rapida discesa comandata da Dio non è altro che l’immersione d’amore di se stesso nell’abisso della Trinità: immersione che nessun intelletto umano può ottenere con la sola sua luce; ma se l’intelletto rimane fuori la porta, la forza dell’amore riesce a farsi strada ed entra, poiché, quando l’anima si spinge verso Dio con tutte le forze dell’amore […] dimora in Dio e Dio a sua volta dimora in essa. Quando, a forza d’amore, si solleva al di sopra di tutte le creature, oltre i sensi e la luce naturale, allora va incontro a Cristo nella luce della fede, dove si rende conto che Dio non può essere né conosciuto né contenuto da un intelletto umano. Così dunque col suo amore, l’anima si spinge verso Dio inafferrabile e si ripiega; le viene incontro Cristo e la ricopre dei suoi doni; e quando l’anima lo ama più dei suoi doni, più di se stessa, più di tutte le creature e s’acquieta in lui, lei dimora in Dio e Dio dimora in lei. (AMOROSO F. (Ed), Giovanni Ruusbroec. Lo splendore delle nozze spirituali, Città nuova 1992, pp. 79-80)
Autore Barsotti D.
CONOSCENZA SPIRITUALE – La perfezione dell’anima è la conoscenza spirituale; il suo coronamento è la conoscenza della Trinità, insegna Evagrio. La vera teologia è questa conoscenza amorosa e sperimentale di Dio nel silenzio ineffabile e nella pace della preghiera pura. La rivelazione di Dio è il dono di Dio: Dio non può essere oggetto. Quando l’uomo specula su Dio, di fatto non lo raggiunge; la sua conoscenza concettuale è necessariamente simbolica, Dio si rivela all’uomo quando, quasi trapiantando l’uomo in Se stesso, Egli stesso si fa soggetto della sua conoscenza – cioè quando l’uomo conosce Dio nella conoscenza che Dio ha di Sé. Lo possiede nel possesso che di Dio ha ogni Persona divina nell’altra Persona correlativa. Giustamente è stato sottolineato il carattere essenzialmente mistico della fede cristiana. Rimane vero – lo comprova la vita di tutti i santi e la liturgia che è la testimonianza più alta della vita della Chiesa – che l’uomo nella sua immersione in Cristo, nella sua identificazione con Lui, è in un rapporto essenziale con le tre divine Persone e la santificazione del cristiano consiste in una relazione sempre più intima, ma diversa con ogni Persona, con la divina Trinità. (BARSOTTI D., Il mistero cristiano nell’anno liturgico, San Paolo, Cinisello Balsamo 2004, p. 196)
Autore Giovanni della Croce s.
CONOSCENZA DI SE’ – Il primo e principale vantaggio, procurato all’anima da quest’arida e oscura notte di contemplazione, è la conoscenza di sé e della propria miseria. È vero che tutte le grazie da Dio concesse all’anima abitualmente sono accompagnate da questa conoscenza; ma è altrettanto vero che l’aridità e il vuoto delle potenze comparati all’abbondanza di cui esse godevano in passato, insieme alla difficoltà che l’anima prova nel compiere il bene, le fanno scoprire in sé una grettezza e una miseria che non riusciva a vedere al tempo della sua prosperità. […] ora che è nell’aridità e nell’abbandono e le luci di una volta si sono spente, possiede molto più verosimilmente questa virtù così eccellente e tanto necessaria della conoscenza di sé e si ritiene ormai un niente e non prova alcuna soddisfazione di sé: vede che da sola non fa e non può fare nulla. Ora, Dio stima di più la scarsa soddisfazione di sé e la desolazione in cui l’anima si trova per l’incapacità di servirlo, che non tutte le sue opere e tutte le gioie che sentiva prima, per quanto elevate fossero. In queste cose, infatti, vi era il pericolo di molte imperfezioni e di molta ignoranza. Al presente, invece, da quest’aridità, che è come un abito per l’anima, derivano non solo i beni di cui si è parlato, ma altresì i vantaggi di cui sto per trattare e molti altri che passerò sotto silenzio. Tutti questi beni nascono dalla conoscenza di sé come da loro fonte originaria. […] Da questa notte arida deriva anzitutto conoscenza di sé e questa a sua volta è il fondamento della conoscenza di Dio. Per questo sant’Agostino prega così: Fa’, o Signore, che io mi conosca e ti conosca! E i filosofi aggiungono che un termine si conosce meglio confrontandolo con il suo contrario. (GIOVANNI DELLA CROCE s., Notte oscura, Libro I, cap. 12)
Autore Guglielmo di Saint-Thierry
CONOSCENZA AFFETTIVA – E questo è lo sposo e questa è la sposa, e questo è il loro mutuo colloquio. Quando, infatti, la condiscendenza della divinità comincia – secondo la promessa del Signore a colui che lo ama – a venire e a prendere dimora, si fa in certa misura conoscere da lui; e poiché non può l’uomo vedere il suo volto e vivere, cioè afferrare in questa vita la piena conoscenza di lui, egli depone e accorda nel sentimento dell’amante un’effigie della sua conoscenza, quella non di un immaginario fantasma ma di un certo qual sentimento pieno d’affetto, tale che, vivendo ancora nella carne, l’uomo possa riceverlo e sostenerlo. Queste sono le primizie dello Spirito, la caparra o dote del talamo sponsale, tanto più degna e copiosa quanto più la sposa al talamo dello Sposo si fa pronta e vicina. (GUGLIELMO DI SAINT-THIERRY, Commento al Cantico dei Cantici, C. FALCHINI (Ed), Quiqajon 1991, pp.53-53).
Autore Moliniè M. D.
CONOSCENZA DEL BENE E DEL MALE – La Bibbia si apre con la magica ricerca della felicità e della rinuncia, chiave di tutta la storia umana. A seconda che l’uomo voglia impadronirsi del frutto proibito richiudendo la mano in un gesto di possesso o che accetti di riceverlo nell’ora e nel modo scelti da Dio aprendo la mano in un gesto di supplica, questo frutto, così desiderabile e in realtà ancora più meraviglioso, sarà per lui l’iniziazione al mistero del bene o a quello del male.
Questa è la saggezza suprema, la cui invasione somiglia a una vera follia, a un’ebbrezza incomprensibile e spregevole agli occhi “dei sapienti e degli intelligenti”.(MOLINIÉ M. D., Il coraggio di avere paura, Ed. Parva, 2006, p. 91).
Autore Raspanti A.
Autore Rupnik Marco Ivan
CONOSCENZA SAPIENZIALE – Per la conoscenza delle persone è indispensabile l’amore come principio conoscitivo. Ma è altrettanto vero che, anche per una conoscenza degli oggetti, delle cose, delle realia, è necessario un principio religioso che le conosce e afferma la loro esistenza come tali, indipendentemente da noi. Solo grazie a un tale relazionarsi verso le cose, si dischiudono a noi le realiora, le parti più vere delle cose, quelle interne, che portano nascosti i significati e il senso di tutto l’esistente.
I bambini parlano con tutto ciò che incontrano, riescono a instaurare un dialogo con gli alberi, con gli animali, con la neve, con il sole. In un certo senso fa lo stesso Il vero sapiente evangelico, quando arriva a percepire il creato come una realtà viva che porta a quella conoscenza organica, sapienziale, che giova alla vita dell’uomo e di tutto l’universo, una conoscenza che rende più ricchi e confluisce nel saper vivere bene, che fa sì che la vita acquisti sempre più il carattere del bello. Solo ad un Mosè scalzato,con la fronte per terra, in un atteggiamento di radicale riconoscimento del mistero, del fascino della vita che lo attira, che lo chiama, nel roveto si dischiude un soggetto, uno che parla, che chiama, che rivolge la parola.
Anche le cose, infatti sono segnate da qualcosa di personale. Secondo questo principio della conoscenza, le creature comunicano qualcosa di personale del Creatore. Le cose dicono e trasmettono qualcosa del proprietario, del donatore. Ma proprio questo principio dell’unità e allo stesso tempo della distanza che è necessario per vivere la pienezza della vita è stato danneggiato, distrutto dal peccato. (RUPNIK MARKO IVAN, l’esame di coscienza. Per vivere da redenti, Lipa Srl 2020, pp. 24-25).