Sofferenza

Autore Teresa di Lisieux s.

Il giorno successivo alla mia comunione, le parole di Maria mi tornarono in mente: sentii nascere nel mio cuore un grande desiderio della sofferenza, e nello stesso tempo la sicurezza intima che Gesù mi riservava un gran numero di croci. Mi sentii inondare di una consolazione così grande che la considero una delle più grandi grazie della vita. La sofferenza divenne il mio ideale, aveva un fascino che mi rapiva senza che lo conoscessi bene. Fino allora avevo sofferto senza amare la sofferenza; da quel giorno sentiti per essa un vero amore. (TERESA DI LISIEUX, Storia di un’anima, Àncora Milano 1993, p. 118).

 

Autore Paolino da Nola

Fin dall’origine del mondo, il Cristo soffre in tutti i suoi. Egli è «il principio e la fine»; nascosto nella Legge, rivelato nel Vangelo, Egli è il Signore sempre mirabile, che soffre e trionfa « nei suoi santi ». In Abele, è stato assassinato da suo fratello; in Noè, è stato ridicolizzato da suo figlio; in Abramo, ha conosciuto l’esilio; in Isacco è stato offerto in sacrificio; in Giacobbe, è stato ridotto a servo; in Giuseppe è stato venduto; in Mosè è stato abbandonato e respinto; nei profeti è stato lapidato e lacerato; negli apostoli è stato perseguitato per terra e per mare; nei tanti suoi martiri, è stato torturato e assassinato. E’ lui che, ancora adesso, sopporta le nostre debolezze e le nostre malattie, essendo uomo, lui stesso, esposto per noi ad ogni sorta di mali e capace di assumere la debolezza che saremmo assolutamente incapaci de assumere senza di lui. E’ lui, sì, è lui che sopporta in noi e per noi il peso del mondo, per liberarcene. Ecco come « la potenza si manifesta pienamente nella debolezza ». E’ lui che in te sopporta il disprezzo ed è lui che in te viene odiato da questo mondo.

Rendiamo grazie al Signore che, pur chiamato in giudizio, ottiene la vittoria. Secondo questa parola della Scrittura, è lui che trionfa in noi quando, assumendo la condizione di servo, acquista per i suoi servi la grazia della libertà. (PAOLINO DA NOLA s., Lettera 38, 3-4, PL 61, 359-360).

 

Autore Kowalska M. Faustina s.

PREGHIERA FIDUCIOSA NELLA SOFFERENZA – O Gesù mio, benché una notte buia mi circondi e nuvole oscure mi velino l’orizzonte, so tuttavia che il sole non si spegne. O Signore, benché non ti possa comprendere e non comprenda il tuo operare, confido però nella Tua Misericordia. Se questa è la Tua Volontà, o Signore, che io viva sempre in tale oscurità, sii benedetto. Una cosa soltanto ti chiedo, o mio Gesù, non permettere che io Ti offenda in nessun modo. O Gesù mio, Tu solo conosci la nostalgia e le sofferenze del mio cuore. Sono lieta di poter soffrire almeno un po’ per Te. Quando sento che la sofferenza supera le mie forze, allora mi rifugio presso il Signore nel SS. Sacramento ed un profondo silenzio è il mio colloquio col Signore. O mio Gesù, sostienimi, quando vengono le giornate pesanti e nuvolose, i giorni delle prove e della lotta, quando la sofferenza e la stanchezza cominceranno ad opprimere il mio corpo e la mia anima. Sostienimi, Gesù, dammi la forza di sopportare le sofferenze. Metti una sentinella alle mie labbra, affinché non esca alcuna parola di lamentela con le creature. Tutta la mia speranza è il Tuo Cuore misericordiosissimo, non ho nulla a mia difesa, solo la Tua Misericordia, in essa sta tutta la mia fiducia. (M. FAUSTINA KOWALSKA s., Diario, Editrice Vaticana 2004, pp. 94-95; 600).

 

Autore Barsotti D.

[…] la vita presente è soltanto sofferenza e la sofferenza è senza un perché? Ecco il problema che si pone all’anima religiosa e che l’anima religiosa vuole affrontare in qualche misura, senza poterlo però risolvere. L’uomo rimane con il suo dolore, di cui non conosce la ragione, di cui non scorge il fine, Giobbe attende il Nuovo Testamento. Allora si saprà che la sofferenza più terribile – l’abbandono da parte degli amici, e addirittura da parte del Padre, e la morte stessa – sarà il prezzo che il Figlio di Dio pagherà per la salvezza del mondo. Nella sua passione e morte, egli vivrà l’atto più sublime che l’uomo abbia mai compiuto: Gesù vivrà l’atto supremo del suo amore. La morte diviene condizione della più alta rivelazione d’amore. Allora apparirà che per l’uomo l’azione più efficace di ogni altra azione è proprio il dolore. Al mondo sembra che la sofferenza non abbia alcuna ragione. Per il cristiano, invece, il dolore e la pena sono l’atto più efficace di una vita, perché quello che non può l’azione dell’uomo, quello che per sé non può nemmeno la preghiera dell’uomo, questo lo può solo la sofferenza. La passione e la morte di Nostro Signore hanno meritato la salvezza del mondo. (BARSOTTI D., Meditazione sul libro di Giobbe, Queriniana, Brescia 2001, p.41).

 

Autore Nouwen H. J.

La profonda verità è che la nostra sofferenza umana ha bisogno non di essere un ostacolo alla gioia e alla pace che noi tanto desideriamo, ma di poter diventare invece il mezzo attraverso cui arrivarvi. Il grande segreto della vita spirituale, la vita degli Amati Figli e Figlie di Dio, è che ogni realtà che viviamo, sia essa contentezza o tristezza, gioia o dolore, salute o malattia, può essere parte dell’itinerario verso la piena realizzazione della nostra umanità. (NOUWEN HENRI J. M., Sentirsi amati, Queriniana, 2011 p. 78).

 

Autore Suso Enrico B.

Coloro che si convertono a Dio con il distacco da se stessi e da ogni cosa, provano, in tutto ciò che Dio fa, altrettanta gioia e soddisfazione quanta [ne avrebbero provato] se Dio fosse rimasto inattivo e li avesse lasciati agire da se stessi a loro piacimento. È in questo modo che in loro stessi ogni potere è dato al loro desiderio, poiché il cielo e la terra li servono, e tutte le creature obbediscono loro facendo ciò che esse fanno o omettendo ciò che esse omettono. E costoro non provano mai nel loro cuore alcuna sofferenza di qualsiasi genere: poiché io chiamo sofferenza e pena del cuore ciò da cui la volontà vorrebbe essere dispensata secondo la sua deliberata riflessione.

A giudicare dalle apparenze, essi hanno provato come gli altri la gioia e la sofferenza; quest’ultima penetra talvolta più profondamente in loro che in altri a causa della loro maggiore delicatezza, ma interiormente non c’è posto per essa e, esteriormente, essi sono preservati da ogni movimento disordinato. A causa della loro espropriazione da se stessi sono, per quanto è possibile, al di sopra di tutto, in modo che la loro gioia rimane intera e costante in ogni cosa; poiché nell’essere divino, in cui il loro cuore si è annientato se hanno seguito la retta via, la sofferenza e l’afflizione non trovano posto: c’è soltanto pace e gioia. Ora nella misura in cui la tua fragilità ti spinge a commettere il peccato, cosa che provoca a buon diritto la sofferenza e la tristezza in colui che vi si abbandona, questa beatitudine ti fa ancora difetto; ma più tu eviti il peccato, più esci da te stesso per annientarti là dove non puoi più provare né sofferenza né afflizione, là dove la sofferenza per te non è più una sofferenza e dove soffrire per te non è più soffrire, là dove trovi in ogni cosa unicamente la pace: sei nella retta via in verità.

E tutto ciò avviene con l’abbandono della propria volontà, poiché costoro si disamorano di se stessi nella loro sete ardente della volontà di Dio e della sua giustizia; e la volontà di Dio è per loro così deliziosa, in essa trovano tanto piacere, che tutto ciò che Dio manda loro è una gioia e non vogliono né desiderano nient’altro. (SUSO ENRICO B., Vita, XXXII).

 

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Aprile, 2024