Le fiamme dell’inferno (Fine) (SEMI n. 228, Settembre 2020, La via mistica)
Ripetiamo che bisogna qui diffidare dalle immagini troppo spesso associate all’aldilà: è sicuro che l’inferno è una disgrazia assoluta e definitiva, ma piuttosto che di spaventose torture, bisogna parlare del vuoto di una esistenza totalmente ripiegata e chiusa su se stessa. La parola qui più conveniente è quella di morte; con tutta la grande Tradizione cristiana, l’abbiamo evitata a proposito dei defunti battezzati, perché questa situazione infernale è quel che Victor Hugo riassume nella frase: «L’inferno consiste interamente in questa parola: solitudine».
Santità e mistica
Nell’ambito del nostro catechismo spirituale, è molto importante distinguere ben due componenti della vita cristiana, anche se sono spesso associati: da una parte la santità, e dall’altra parte l’esperienza che noi abbiamo di Dio stesso, o se si preferisce, l’esperienza mistica o contemplativa.
Per dire le cose sinteticamente, Teresa d’Avila è stata dichiarata santa dalla Chiesa perché lei ha condotto una vita conforme al Vangelo, e non per aver avuto estasi o visioni. In effetti,
Tutte le visioni o apparizioni sono comuni ai buoni e ai cattivi, e non bisogna giudicare una persona più santa o più perfetta di un’altra basandosi sul fatto che ad una appaiono degli spiriti, mentre all’altra non ne appaiono affatto, perché si deve giudicare più santo degli altri solo chi si sforza di attaccarsi a Dio tramite un vero amore dopo aver costruito una base solida e profonda di umiltà, per piacergli e non per ottenere visioni.
Jean Bona (1609-1674), Trattato sul discernimento degli spiriti, XIX-XX
Quale dunque il rapporto tra santità e contemplazione? Dipendono un po’, molto o del tutto l’una dall’altra? In verità, per niente, ci dice santa Teresa d’Avila:
É una cosa di grande importanza quella di comprendere che Dio non conduce tutti per lo stesso cammino…Non è perché, in questa casa, tutte [le monache] si dedicano all’orazione, che tutte devono essere contemplative. È impossibile! Sarebbe una grande desolazione per colei che non lo è, il non comprendere questa verità, che si tratta cioè di qualcosa che Dio dona. E poiché ciò non è necessario per la salvezza e non ci è richiesto per essere ricompensati, non pensi che qualcuno gliela domanderà! Ciò non le impedirà di essere molto perfetta…
Santa Teresa di Gesù, Libro della vita, cap. 17
Questo è quello che dichiara ufficialmente papa Benedetto XVI, grande codificatore dei processi di canonizzazione del secolo XVIII:
Numerosi sono quelli che figurano nel catalogo dei beati e dei santi, e che non furono in nessun modo contemplativi.
Papa Benedetto XVI, Sulla beatificazione dei Servi di Dio, III, 26, 8
Cos’è la santità?
Il Signore Gesù ha inviato lo Spirito Santo su tutti i suoi discepoli, perché li muovesse dall’interno ad amare Dio con tutto il loro cuore, con tutte la loro anima, con tutto il loro spirito e con tutte le loro forze (Mc 12,30), e perché si amassero vicendevolmente come Cristo li ha amati (cfr. Gv 13,34; 15,12).
Questa conformazione a Cristo è dunque un dono di Dio senza alcun merito umano (cfr. Semi n. 222):
I fedeli di Cristo, chiamati da Dio non secondo le loro opere, ma secondo il suo disegno e la sua grazia, e giustificati in Gesù Signore, sono stati resi veramente figli da Dio e partecipi della natura divina nel battesimo della fede, e per questo resi realmente santi.
Ma se la santità non deve niente agli sforzi umani, essa giustifica tutti gli sforzi umani, ed è per questo che la grazia non dispensa la natura per ciò che dipende da lei:
È dunque evidente per tutti, che tutti coloro che credono nel Cristo di qualsiasi stato o rango, sono chiamati alla pienezza della vita cristiana e alla perfezione della carità.
Costituzione Lumen Gentium, V, 40
L’ordine di questi paragrafi è essenziale: Dio comincia ad inviare lo Spirito Santo; questo ci fa partecipare alla natura divina (questa è la santità), e spetta a noi allora approfittarne con un comportamento coerente, di cui questa grazia ci rende capaci. Quello che s. Paolo indicava già ai Colossesi: «Poiché voi siete risuscitati con Cristo cercate le cose dell’alto…fate morire l’impudicizia, l’impurità, le passioni, la cupidigia…, rinunciate a tutte queste cose tramite le quali una volta camminavate». Lungi dall’opporsi alla fede, le opere la suppongono, come conseguenza, una liberazione di un dono di Dio in noi.
Cos’è la contemplazione?
Lavorando sola a casa mia in qualche opera di cucito, la mia anima fu improvvisamente investita e come inondata dal sentimento della presenza di Dio, e lo provavo come sentimento della realtà. Dio stava lì, presso di me; non potevo vederlo, ma sentivo la certezza della sua presenza, come un cieco è certo di avere vicino a lui qualcuno che egli tocca e che sente parlare…
Diario spirituale di Lucie Christine, 16 luglio 1874
Vediamo l’irruzione della contemplazione: fino ad allora, Lucie Christine credeva che Dio fosse lì, ora lei lo sente. Avviene il passaggio dalla fede alla contemplazione.
Non appena abbiamo una certa consapevolezza di Dio in noi, appena sperimentiamo, in qualche modo, la sua presenza; appena questo contatto, del resto permanente e necessario tra lui e noi, ci appare sensibile, prende la forma di un incontro, di un abbraccio, di una presa di possesso.
Henri Brémond, Sull’Umanesimo, p. 249
(Segue)