Ritiri spirituali mensili

RENE VOILLAUME – Pregare per vivere – Terza parte

Abbiamo sperimentato quanto sia difficile essere fedeli all’adorazione e mantenersi in tale atteggiamento quando si prega. Alcune difficoltà incontrate sono indipendenti dalla nostra generosità e non ne siamo responsabili. Vi sono infatti materiali che non possiamo modificare: la cappella è calda, vi si sente la radio del vicino, si ha appena il tempo di fare l’adorazione e ci si deve spicciare, le visite arrivano proprio al momento in cui si sta andando in cappella…

Vi sono anche altre difficoltà più interiori su cui non possiamo nulla: si ha la testa vuota, perché è sera e si è studiato tutta la giornata, ci si sente abbrutiti per la fatica di un pesante lavoro manuale o insonnoliti per una notte troppo breve. Oppure è il vagabondare dell’immaginazione lontano dal Signore, le fantasie che ci mantengono nel vago o gli affanni e le preoccupazioni del lavoro che invadono la nostra memoria, quando non sono le immagini impure che si impadroniscono di noi…
Tutte queste difficoltà, esterne e interne, devono essere sopportate con pazienza e possono essere progressivamente superate nella misura in cui ciò è possibile all’uomo.
Ma a queste difficoltà altre se ne aggiungono, di cui siamo più o meno responsabili e di cui dobbiamo cercare di eliminare la causa. Molti di questi ostacoli provengono sia da idee inesatte sulla preghiera, sulla vita di fede e sulle leggi del loro sviluppo, sia da una formazione alla preghiera, ancora incompleta, sia infine – bisogna riconoscerlo – dalla negligenza o da una obbedienza imperfetta alle direttive, che ci sono state date.
Un’ora di adorazione è, a parere di tutti, un’opera dura e difficile; sovente ci si trova assaliti da distrazioni e da preoccupazioni che – anche quando si scacciano – lasciano spesso apparire solo una specie di vuoto interiore. Ci si sforza allora di «resistere» per tutto il tempo che si deve passare in cappella: la preghiera finisce così per apparire sotto l’aspetto di un sacrificio da sopportare e da offrire coraggiosamente al Signore.
Alla maggioranza di noi, la preghiera appariva più facile all’inizio della vita religiosa: poi, abbastanza rapidamente, il senso di «vago» è venuto, e ci si è abituati a esso. Da principio si è cercato di reagire, poi si è finito per rassegnarsi a non poter far meglio, pur essendo coscienti che, forse, vi era qualcosa da fare. Ma come? Alcuni non sanno capire se questo vuoto doloroso della preghiera è voluto dal Signore o se deriva da una loro negligenza; forse non sanno come fare per pregare. 

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Aprile, 2024