Sono io, non abbiate paura! (seconda parte)

«Sono io, non abbiate paura!» (SEMI n. 248, Giugno 2020, La semplicità delle vette)

 

2) Il prezzo della paura

Come avrebbe potuto credere alle parole del serpente, la donna, se già il suo spirito non fosse stato penetrato da questo amore per il proprio potere e da una certa e orgogliosa presunzione, che fu rivelata tramite questa tentazione?

Sant’Agostino, Genesi, Lettera XI, 30

 

Tutta la nostra sventura proviene allora da questa “orgogliosa presunzione”, all’origine del divorzio tra la nostra volontà e quella di Dio. Si confonde spesso l’orgoglio con la vanità di un conquistatore alla ricerca di ammiratori. L’orgoglio è molto più semplice, e tocca i piccoli come i più grandi: consiste interamente nella volontà di indipendenza che è la negazione stessa dell’amore, poiché amare è mettersi in dipendenza da colui che si ama. C’è orgoglio nel bambino disobbediente come nel dittatore che schiaccia il suo popolo. L’orgoglio non richiede di essere forte o cattivo: consiste in questa decisione estremamente leggera, perfettamente libera e cosciente, di mangiare il frutto proibito, la tentazione che seguirà non sarà altro che la giustificazione di questa decisione, una volta avvenuta la separazione. E se ne siamo così poco coscienti, è certamente perché, essendo nati peccatori, come ci dice san Paolo (Rm  5,12), non lo notiamo più come il pesce non nota l’acqua in cui nuota. Certo, ogni divorzio si giustifica dopo con buone ragioni per divorziare, ma perché prima si era già pensato di divorziare, quali che fossero le ragioni; è così che l’orgoglio è entrato nel mondo. Così che:

 

L’io umano è il principio dell’orgoglio, e di conseguenza di ogni peccato. È il nemico di Dio che attacca nel suo dominio universale e assoluto. È il nemico dell’uomo, che mette l’uno contro l’altro per l’opposizione dei loro interessi. È il nemico di ogni uomo, perché lo allontana dal suo vero bene, lo porta al male e gli toglie la pace e il riposo.

 

E si vede quindi in cosa consisterà il ritorno alla fiducia e alla felicità, a questa fede in Dio e nei nostri fratelli che è la prima cosa, e in fondo l’unica che professiamo entrando nella vita cristiana: “Cosa domandate alla Chiesa di Dio?” chiede il prete all’inizio della liturgia battesimale; e il catecumeno risponde con una sola parola: “La fede!”. Questa fede del bambino che non dubita, o non ancora, della bontà di quelli che lo circondano, fede di cui siamo tutti capaci, e la sola cosa di cui il bambino venendo al mondo è già capace; fede che, quando sarà cristiano, si fonderà con l’amore incondizionato di un Padre «che non ha risparmiato il proprio Figlio per salvarci» (Rm 8,32). Ecco perché,

 

Annientate l’io umano, tutti i delitti spariranno dal volto della terra, tutti gli uomini vivranno tra loro come fratelli, condivideranno senza invidia i beni di quaggiù, si aiuteranno vicendevolmente nei loro malanni, e ciascuno di loro vedrà negli altri un altro se stesso. Annientate l’io umano, e tutti i pensieri dell’uomo, tutti i suoi desideri, tutte le sue azioni, saranno rivolti verso Dio senza nessun ritorno su se stessi; Dio sarà amato, adorato, servito per lui stesso per le sue infinite perfezioni, per i suoi benfatti; sarà amato, sia che consoli l’uomo, sia che lo affligga; sia che lo accarezzi, sia che lo provi; sia che lo attiri con dolcezza, sia che sembri rigettarlo e respingerlo. Annientate l’io umano, e l’uomo sempre innocente passerà i suoi giorni in una pace inalterabile, perché, né dentro né fuori, niente potrà turbarlo.

Jean Nicolas Grou (1731-1803), Manuale delle anime interiori

 

 

3) Vincere l’orgoglio

Il più infallibile segreto per sradicare questo maledetto orgoglio non è quello di guardarlo, ma quello di guardare Dio e dimenticarsi di se stessi.

Claude François Milley (1668-1720), Lettera XL

 

Lottare contro l’orgoglio, pretendere di avere fiducia quando in realtà non se ne ha, è ancora contare sull’ “io umano”, è secretare l’orgoglio sotto pretesto di eliminarlo. Non si tratta dunque di vincerlo, ma di riconoscere questa uscita dal reale che fa nascere la paura nel malato o nel camminatore di cui si diceva il mese scorso. Il ritorno al reale è questione di fiducia, lo ripetiamo, ma la fiducia non si impone: è una disposizione primaria che Bergson chiama “dato immediato della coscienza”, a monte della quale non potremo mai risalire, perché è su di essa che si appoggia tutta la nostra vita mentale. Lo si osserva bene nel bambino, spontaneamente fiducioso fino a che non riceve dal mondo adulto il pensiero critico che lo chiuderà definitivamente nel mondo delle idee. È per questo che «se non diventate come i bambini, non entrerete nel Regno dei cieli» (Mt 18,3), ci dice il Salvatore del mondo. Il salvatore non domanda nient’altro che la fiducia di coloro che viene a salvare, e il pompiere non può fare niente per l’annegato finché egli continua a dibattersi. Questa esigenza è quella dell’amore, del riconoscimento di una dipendenza reciproca che può appoggiarsi solamente su questa stessa fiducia:

 

L’amore puro non si esercita che in questa privazione di ogni certezza. Il minimo sguardo inquieto è un ritorno su di sé, e una infedeltà contro la grazia dell’abbandono. Lasciamo che Dio faccia di noi quel che gli piacerà: dopo che l’avremo lasciato fare, nessun sostegno.

Fénelon, Lettera 202

 

La difficoltà proviene da migliaia di anni di diffidenza che ereditiamo venendo al mondo, e dall’abitudine inveterata di ricercare sostegni laddove ci occorre lasciarci andare, così che

 

Questo abbandono sarebbe il più grande di tutti i sostegni, se fosse percepito con certezza, ma allora non sarebbe più abbandono, se lo si possedesse; sarebbe soltanto il più ricco e lusinghiero possesso di noi stessi. Bisogna allora che l’abbandono che ci dona tutto, ci nasconda tutto e che sia lui stesso nascosto.

Ibidem

                                                                                                                                                              

                                                                                                                       (Segue)

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