Orazione di semplice quiete
Autore: Anonimo del XVII secolo
Abstract
Commento di Padre Max Huot de Longchamp:
IL TESTO §1. Quali sono le difficoltà alle quali questa lettera allude? L’autore si rivolge a quelli che Dio è in procinto di mettere nella “orazione di quiete”, ci dice il titolo. Si tratta di coloro che nella loro vita hanno fissato solidamente la pratica dell’orazione metodica, cosa che spesso ha corrisposto a un periodo durante il quale hanno sperimentato un certo fervore, rendendo facili e gradevoli i momenti passati in preghiera. La loro orazione consiste essenzialmente nel “pensare” a Dio. Ma più o meno chiaramente, le distrazioni, l’inaridimento dei sentimenti e una vera ripugnanza a “pensare” succedono a questo primo fervore: senza rendersene conto, l’anima è entrata nella contemplazione e penetra in quella che s. Giovanni della Croce chiama “notte dei sensi”, perché ormai Dio non si fa più sentire. Se nessuno le spiega questo fenomeno – e in questo un direttore spirituale competente è di grande aiuto – l’anima sarà tentata di dedurne che non è fatta per l’orazione o molto tentata di forzarsi a “sentire” Dio come prima, invece di continuare in una fede più radicale una vita di preghiera che aveva iniziato con l’aiuto del suo primo fervore. Più queste difficoltà si presenteranno, più il loro superamento libererà la grazia della fede che in ultima analisi, è la sola cosa che conta in una vita cristiana …
CATECHISMO SPIRITUALE
Alla scuola dei santi
«Questo è il mio corpo»
Se esiste un dato della nostra fede di cui nessuna metafisica potrà mai rendere conto, è proprio quello della presenza eucaristica di Gesù. Quando prende il pane e ci dice «Questo è il mio corpo», una nuova realtà rimpiazza la precedente, questa discontinuità tra prima e dopo la consacrazione impedisce, di fatto, ogni spiegazione di quello che è successo. Perché non è successo niente: non si tratta di una evoluzione, ma di un cambiamento, di una mutazione e sappiamo soltanto che sulla parola di Gesù quello che continua a sembrarci pane è diventato altra cosa e questo perché «la parola di Cristo, che ha potuto fare dal nulla ciò che non era, non ha potuto cambiare le cose che sono in ciò che non erano?» (Sant’Ambrogio, Sui Misteri).
La filosofia è qui immersa in abissi di riflessione. Cosa vuol dire “essere”, dal momento che ciò che è, può cessare di essere senza che ce ne accorgiamo? Quello che è bianco può cessare di essere, senza cessare di essere…
Il tema della rubrica è “La mala pianta della mormorazione”